Arte e formazione orafa a Padova. Storia e fama di Benvenuto Cellini.

Le botteghe di un tempo sono state le prime scuole di formazione orafa. Ho ancora l’abitudine di sfogliare vecchi libri. Mi piace indagare figure di artisti a me familiari secondo un misterioso criterio di ricerca.
Dovendolo spiegare parrebbe voler trovare uomini che siano scesi a pochi o nessun compromesso.
Capaci di esprimere un animo poliedrico nell’arte e nella quotidianità, di procurarsi complicazioni di ogni natura nelle quali districarsi con disinvoltura forse solo apparente.

Benvenuto Cellini fu scultore, orafo, scrittore, argentiere. Il padre era suonatore e costruttore di strumenti musicali ed anche Benvenuto era portato per le note.
Era giovanissimo quando venne messo a lavoro in una bottega gestita dal padre dello scultore Baccio Bandinelli, aveva solo quattordici anni.
Le oreficerie che videro crescere l’embrione multiforme della sua creatività – insieme alla sua intolleranza a qualsiasi sorta di regola – furono molteplici.
A quindici anni passò alla bottega dell’orafo Marconi, poi fu la volta dell’orefice Ulivieri Della Chiostra, e quando giunse a Roma nella bottega di Giovanni de’ Georgis non aveva ancora vent’anni.

Le scuole di formazione, orafa ma non solo, vantano una lunga tradizione, e questo mi fa sorridere e sentire, per un qualche verso, orgoglioso come un sostenitore attivista di una causa forte.
La mia è l’arte. La mia bandiera le mani.

All’età di sedici anni Benvenuto Cellini venne bandito da Firenze per aver partecipato ad una rissa insieme al fratello.
Circostanze come questa si verificarono ripetutamente. Benvenuto fu accusato di furto di beni papali, ed imprigionato. Si macchiò anche d’omicidio, più d’uno.
Ebbe problemi con la giustizia sempre.

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Era un uomo collerico, arrogante, violento.
Fu equivoco ma grande. Grandissimo.
Maestro della zecca pontificia. Eseguì splendidi oggetti d’oreficeria per cardinali e papi, monete e medaglie.
Scultore eccellente di marmi e bronzi, fino al suo capolavoro, il bronzo del Perseo di Piazza della Signoria a Firenze.
Narratore appassionato, pungente. Arrivò audacemente sopra le righe, nei fogli come nei suoi giorni.

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Ma non fu potente. Non era un intellettuale da salotto. Non riuscì o non volle accaparrarsi spalle garantiste.

Affrontò coscientemente la sua scelta di  vita borderline, piegandosi infine alle leggi che mai aveva rispettato.
Come ultima delle sue trasgressioni, quasi rinnegandole, si sposò.

Lasciò magnifiche testimonianze, della sua epoca e di ogni sé: talento, teorie, estro, pulsioni.

Fernando

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